Le relazioni italo-spagnole nel primo Seicento: fatti, stereotipi, discorsi critici (parte IIa)
Abstract
Stando al diario dello studente Sommaia, una situazione del genere dovette verificarsi a Salamanca intorno al 1605. Di Italia e italiani si leggeva e si parlava molto grazie alla circolazione rapida dei testi più svariati, propiziata da prestiti e trascrizioni continui. Alla descrizione geografica erudita e all’anti ispanismo strisciante di Fra’ Leandro Alberti si affiancavano le anodine e meglio accette storie dell’Ammirato, a cui facevano riscontro però quelle del Giovio, ritenute anch’esse non particolarmente gratificanti in Spagna. Le manifestazioni alte e in voga della tradizione letteraria erano ben presenti con Petrarca, Dante, Castiglione nelle due lingue, Aretino, mentre Guazzo, Straparola, Domenichi e alcuni altri attestavano la “libertà” o comunque l’ingegno e l’erudita “sottigliezza” degli autori italiani. La libertà intesa ufficialmente come spregiudicatezza trovava nel Machiavelli un riferimento emblematico e peculiarmente italico, ricercato nonostante i divieti: Sommaia, sollecitato da un collega, dopo qualche sforzo non mancò di trovare i Discorsi e l’Arte della Guerra.